Un brutto sito web
Un brutto sito web

Perché il tuo sito è brutto?

Il sito è brutto perché non mi serviva fosse bello. Forse mi servirà, ma in questo momento no.
Adotto una filosofia lean, di rimozione della “spazzatura”. Una filosofia che dal lavoro è diventata quasi una pratica quotidiana. Cuore del toyotismo, il modello di produzione mutuato dalle pratiche Agile, la filosofia lean impatta sia nello sviluppo software che nella gestione aziendale (e nella definizione di nuovi prodotti e servizi, nel miglioramento degli esistenti, nel marketing e nei contenuti della comunicazione).


Perché la definizione degli obiettivi, la redazione di una strategia, l’applicazione delle tattiche migliori deve sottostare ai principi di efficienza ed eliminazione di ciò che non è necessario in un dato momento (e in una data fase di mercato).

Perché si deve produrre poco e misurarlo, migliorarlo, e poi di nuovo, produrre poco, misurare i risultati del lavoro presso il pubblico, correggere gli errori e le inefficienze. Solo una volta che gli indicatori scelti per misurare raggiungono i risultati desiderati, solo allora, scalare il risultato su un pubblico più numeroso.

In questo momento il sito è brutto perché mi interessano i lettori a cui non interessa altro che il contenuto. Mi sento in target, così.

Il mio lettore ideale è un non tecnico, ma una persona fortemente curiosa. Probabilmente ha un interesse professionale nel campo del marketing, sia esso azienda o agenzia, centro media o concessionaria, studente o professore.

Chi si occupa di digital, oggi, ha davanti a sé uno scenario sconfinato. Strumenti, strategie, tecniche e metodologie si affollano. Per questo dobbiamo adottare un atteggiamento olistico (sì, mi rendo conto, questa è da approfondire, e sarà fatto), fortemente orientato al valore (mi vien naturale da dire a quello d’uso più che di scambio, perché nel digitale il secondo tende al primo) e ad una riduzione che non nega la complessità.

Quindi il sito è brutto perché il target che mi interessa conosce già le strategie che si utilizzano per “convertire”, per sedurre, per affascinare. Ma prima, voglio concentrarmi sui contenuti. Perché il pensiero deve essere padre dell’azione, come scrivevo, meglio, qui.

Se sei arrivato fino a qui, poi, caro lettore, avrai notato anche il form gratuito del Crm Hubspot, e la chat. Tutto questo, il buon posizionamento e dati di velocità, sono frutto di 4 ore di lavoro in un weekend. Ma non è il mio mestiere, non sono un webdesigner, non sono un developer, non sono uno che “fa i siti”. Per fare siti belli e di alto livello ci sono gli specialisti. Ne conosco diversi. E molto bravi. Ma chi è bravo costa, e io non ho bisogno di investire lì. Per questo contenuto, e per questo pubblico, non ne ho, ancora, bisogno.
Amo pensarci, caro il mio lettore, cara la mia lettrice della prima ora, un poco immuni dai giochi delle dipendenze digitali.

Ad ogni modo sì, per ora il sito è brutto. Migliorerà. Ho deciso che per i miei contenuti originali Medium mi stava stretto. Perché Medium non mi consente di capire il lettore che sfiora queste pagine. Non mi consente di analizzare i dati che le mie opinioni generano, e quindi di capire come il mio pubblico reagisce alle mie parole.

In questo sito si parlerà sostanzialmente di questo. Di come i dati cambiano per sempre il nostro approccio al digitale, del fatto che non necessariamente bello significa funzionale rispetto agli obiettivi e di come la tecnologia ha cambiato e sta cambiando tutto, ma spesso la osserviamo dal punto di vista sbagliato.

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