Narrazioni digital media
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Biomedia: usare la biologia per creare storie migliori

Ho preso la buona abitudine, durante i viaggi, di ascoltare qualche TED Talk (sul fatto che Spotify si stia buttando pesantemente sui podcast per allargare la fascia anagrafica del suo pubblico si dice già, e si dirà ancora). Grazie a questa buona abitudine mi sento di potervi consigliare questi corti e potenti otto minuti, scelti per caso, sulla base del titolo:

“Come sto usando i dati biologici per raccontare storie migliori”.

Otto minuti nei quali Heidi j. Boisvert, ricercatrice, neuroscienziata e media artist, introduce il concetto di biomedia e focalizza la sua attenzione su un aspetto centrale del contemporaneo: come trasformare i media digitali da strumenti di odio e allontanamento in strumenti di empatia, ascolto, partecipazione positiva alla società.

I can end deportation
Il social game in realtà aumentata I Can End Deportation

Dopo una esperienza nello sviluppo un gioco in realtà aumentata rivolto all’incremento di consapevolezza riguardo al fenomeno degli homeless (uscito prima di Pomkeon Go, fa notare la relatrice) Boisvert si chiede se sia possibile individuare le ricadute positive delle esperienze digitali “utili” alla coesione sociale e se vi sia modo di misurarle (pare ovvio sottolineare come se è possibile misurare una ricaduta positiva, sia possibile farlo anche per quelle negative).

Per farlo ha inaugurato un progetto open source, una macchina, come la definisce, capace di misurare le reazioni fisiche ed emotive delle persone alla ricezione di determinati media.

Un mix di psicografia, biometria e intelligenza artificiale.

La macchina è composta principalmente da due processi: uno che alimenta dinamicamente di narrazioni i soggetti sui quali avviene la sperimentazione, l’altro misura la reazione dei soggetti stessi e dà indicazioni al “motore di narrazioni” per spingere l’impatto emotivo ed empatico in una direzione o in un’altra.

Risulta evidente come il tema posto dalla ricercatrice sia centrale: come le narrazioni influenzano il nostro comportamento individuale e sociale? E’ possibile invertire una tendenza che appare privilegiare odio e scontro a collaborazione ed empatia?

Al netto degli obiettivi, di cui si dovrà necessariamente parlare, se vogliamo salvare democrazie, diritti e dibattiti, l’esperimento ha talmente successo che Boisvert annuncia, con un certo orgoglio, di aver mappato il genoma dei media:

Whereas the human genome identifies all genes involved in sequencing human DNA, the growing database of media imprints will eventually allow me to determine the media DNA for a specific person

Gli angolassoni usano il termine groudbreaking, rivoluzionario:

effettivamente parliamo di qualcosa di enorme, per chiunque si occupi di narrazioni e media. Parliamo infatti della possibilità da parte dei creativi di ricevere feedback utili a migliorare le proprie scritture e di uno strumento capace di misurare le reazioni emotive e istintive: il “Limbic Lab” sta già dando i primi risultati. L’intelligenza artificiale, infatti, ci consentirà di personalizzare il contenuto narrativo, fornendo ad ogni persona una esperienza unica, personale, perfettamente rispondente alle aspettative del pubblico, ma capace di influenzarlo (di nuovo torna Snow Crash, vero e proprio romanzo chiave per intuire il contemporaneo).

we will soon be consuming media tailored directly to our cravings using a blend of psychographics, biometrics and AI. It’s like personalized medicine based on our DNA. I call it “biomedia.” 

Grazie ai biomedia saremo capaci di influenzare ancor più profondamente il pubblico, non solo di incrementare gli ascolti. Per questo Boisvert riflette, nel finale: deve fermarsi e riflettere, insieme alla comunità di ricercatori e imprenditori, in modo trasparente e aperto. Sa benissimo che i biomedia sono facilmente trasformabili in armi e si chiede se sia il caso di proseguire (in particolare la ricerca interessa al marketing e al warfare psicologico: gli strumenti continuano ad essere una evoluzione del capolavoro di Cambridge Analytica).

L’ambizione, per usare le sue parole:

 It is my hope that we make an ethical commitment to harvesting the body’s intelligence for the creation of authentic and just stories that transform media and technology from harmful weapons into narrative medicine. 

Un impegno etico per sfruttare la biologia (l’intelligenza del corpo) per creare esperienze capaci di non essere armi dannose ma medicine narrative. Anche se sembra di perderla, questa sfida, resta fondamentale conoscerne le regole e iniziare davvero a giocarla. Lasciare le narrazioni di ampia portata e la misurazione dei risultati a chi vuol diffondere odio e discordia è un errore gravissimo:

il prossimo terreno di scontro sarà quello dei biomedia (o di come si chiameranno le esperienza narrative personalizzate grazie alle AI).

Vi consiglio di ascoltarla su Spotify, oppure vederla direttamente qui, sono 8 minuti cruciali per il contemporaneo.

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